Opera Uno

Intervista con Pierina Gallina

Pierina GallinaPierina Gallina ci parla della sua attività letteraria.

“Come aerei di carta”: perché ha scelto questo titolo per il suo libro?

Gli aerei di carta sono leggeri, di solito non riescono a spiccare il volo. Dopo la timida esibizione cadono a terra e, spesso, vengono dimenticati lì, calpestati da scarpe distratte,  sciupati dalla pioggia o alzati dal vento per finire chissà dove.  Sono  soggetti al volere altrui e non hanno voce.

Quali sono i motivi ispiratori delle sue poesie e dei suoi racconti?

La VITA. Quella vera, quella che pretende l’energia, che va avanti nonostante tutto,  che fa sciogliere di emozione e diventare mattoni per la rabbia e l’ingiustizia. Quella del dolore, dell’affanno, della delusione. Ma anche quella di bimbi che nascono, di pianti di gioia, di semplici certezze che la felicità esiste.

Si sente più poetessa o più scrittrice?

Mi sento un puzzle fatto di tanti tasselli, diversi tra loro, a volte opposti. Mi piace provare, fare tante esperienze. E tutte si traducono in materiale di cui scrivere. Con urgenza, con caparbietà. Il tempo è pochissimo. Così la poesia è più economica. Poi ci sono gli articoli giornalistici, pure sintetici. E poi il dono di regalarsi più ampio respiro per comporre racconti, diari di viaggio, reportage. Solo solleticato, per ora, il progetto di un romanzo, ancora troppo costoso in termini di tempo. Ma, in fondo, mi sento più poetessa.

In quali momenti si dedica alla scrittura? Come concilia la scrittura con gli impegni quotidiani?

E’ sempre stato difficile conciliare…  Più verosimile è il “furto” di tempo al sonno, o fughe clandestine dalla tirannia degli obblighi e dei doveri. Sentendomi in colpa per pentole bruciate o attività di routine non portate a termine oppure con il magone di percepire negli altri che scrivere equivalga a perdere tempo.  Fino a convincermi che ciò sia vero e quindi, spesso, a lasciar perdere. Ma la scrittura è un’esigenza e chiama sempre. E’ una voce, una pulsazione, un’urgenza.

Cosa significa per lei scrivere?

Scrivere è come respirare. Non so farne a meno. Ed è sempre stato così. La mia vita è racchiusa in diari gelosamente custoditi. Una giornata non può chiudersi senza che l’abbia fermata sul quaderno. E in quei momenti ci scappa una poesia. Senza secondi fini. Solo per me. Un regalo che mi faccio. Qualsiasi evento della mia quotidianità io lo devo descrivere su un piccolo quaderno che ho in borsa o in un luogo accessibile. Devo fermare  ciò che mi colpisce o ciò che provo! Così come sento l’esigenza di fotografare ciò che vedo. Per me è indispensabile documentare in parole e immagini quasi ogni tassello di Vita che altrimenti andrebbe sprecato o, peggio, cancellato dalla memoria.

Si dice che i poeti abbiano “la testa tra le nuvole”: secondo lei c’è un fondo di verità in questa affermazione?

Assolutamente sì. I poeti hanno almeno un occhio in più e un cuore che batte più in fretta. Non si può chiedere loro di essere  sempre realisti, sempre prevedibili, sempre note intonate.  I poeti hanno le farfalle nello stomaco e nei pensieri. E, come loro,  devono volare. Il problema sta nel fatto che quelle ali spesso vengono sciupate o imprigionate in morse d’acciaio.

Nelle sue poesie si avvertono diverse sensazioni, a volte dettate dalla dolcezza dell’amore, a volte dalla malinconia o dalla rabbia. Quali emozioni sono predominanti nella sua ispirazione? Perché?

Sicuramente la dolcezza dell’Amore che però può diventare rabbia, dolore, delusione. Ogni emozione ha bisogno di uscire  dal chiuso della mente. Ha bisogno di trovare ali per risolversi o urlare. Le ali sono le parole. Le parole sono la Libertà.  Cosa c’è di più grande?

La poesia coltivata come passione, nel leggerla o nel comporla, può aiutare a vivere meglio? In che modo?

Il poeta è fortunato perché gioca con le parole e alla fine si ritrova faccia a faccia con loro. Che tornano sempre da lui. A consolarlo, a rimproverarlo, ad accarezzarne le malinconie. Le parole sono le confidenti, le amiche fidatissime. Che non tradiscono. Mai. Questa certezza aiuta sicuramente a vivere meglio, se non altro con se stessi.

Quali soddisfazioni ha ricavato dalla scrittura? E quali si aspetta per il futuro?

Le soddisfazioni sono le emozioni che  le persone che mi leggono provano. Esse  si rivedono nelle situazioni che descrivo e vi trovano le parole che non sarebbero state capaci di dire. La prima soddisfazione sta nel fatto che qualcuno legga ciò che scrivo. La cosa più difficile è trovare chi è disposto a fermarsi e leggere.

Con i suoi scritti intende lanciare dei messaggi al mondo? Quali?

Io scrivo in vari modi,  spaziando dai testi narrativi, alle poesie, ai reportage di viaggio fino ai redazionali per i giornali.  Il mio stile va a braccetto con la  sintesi e la ricerca del cuore del contenuto. Essere anche giornalista mi aiuta a bilanciare l’esigenza dello scrivere  con il tempo, sempre troppo breve.  Ma  non scrivo per  lanciare messaggi al mondo. O, almeno, non mi sono mai prefissata di farlo.

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