Opera Uno

La sedia bianca, la sedia nera

Collage di poesie fatto da Isichiara contro la guerra

sedie 150mm

MA PERCHÉ…

Han tirato su le loro quattro ossa e si sono guardati.
Uno dei due dice:
«Sono un arabo, la mia carta porta il numero cinquantamila.
Ho otto bambini, e il nono nascerà dopo l’estate. Ti dispiace forse?»
L’altro, lo sguardo nel buio, dice:
«Sono israeliano.
Mio nonno abbandonò la Polonia nel 1937, rifugiato dei cavalieri malvagi.
Mio padre abbandonò la Romania nel 1946, rifugiato della guerra e del freddo.
Mia madre abbandonò l’Argentina nel 1961, rifugiata del grande amore…
e il mio viaggio frenetico continuerà.
E non avrò un figlio, a Caino non nascerà un figlio.
Il semitico seme se ne va anonimamente per il mondo, il suo corpo è la sua casa.»
E l’arabo risponde: «Sono un arabo;
avete rubato la vigna dei miei nonni
e la terra che coltivavo insieme ai miei figli.
Senza lasciare a noi nulla né ai nostri nipoti… se non queste rocce.
È forse vero che il vostro stato prenderà anche queste… come si mormora?»
«Non lo so» risponde il “nemico”,
«ma non sono stato io, non io ho rubato.
Io vengo da dove c’erano uomini, donne e ragazzini,
c’erano vecchi e mamme con bambini.
C’erano lacrime e ricordi di vite già lontane,
c’erano dolori, miserie e violenze disumane.
C’erano punizioni, lavori forzati e soldati,
c’erano silenzi, uomini sporchi e malati.
C’erano eserciti, fili spinati e fredde prigioni,
c’erano divise, numeri incisi ed esecuzioni.
C’erano stenti, fame e malattie, c’erano ghetti, campi ed epidemie.»
I due si guardano, amici nel pianto.
E l’uno dei due… chi è?
Ormai non ha più importanza, continua stremato:
«Ci sono cose da far di notte: chiudere gli occhi, dormire, avere sogni da sognare, orecchie per sentire.
Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra.»
L’altro… e non si sa più chi dei due, sospira:
«Finirà anche questa guerra con noi o senza di noi ma…
La guerra che verrà non sarà la prima.
Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente faceva la fame.
Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente.»
Un ultimo soffio di vita… e chiudono gli occhi insieme.
La morte non è niente. Non conta.
Non è successo nulla.
Tutto resta esattamente come era.
Io sono io e tu sei tu.

Un bagliore di blindati in fuga…

Questo è un esperimento. Tutto quello che mi serviva per dire quello che volevo dire l’ho preso dalle poesie che cito sotto. L’ho fatto pensando a questo ultimo conflitto arabo-israeliano e volevo dimostrare quanto fossero tutti d’accordo su come fa schifo la guerra, ma nonostante questo c’è e ci sarà sempre con le sue tragiche conseguenze. Non so se è un esperimento riuscito.

FIORE DIVINO di Anonimo
PROMEMORIA di Gianni Rodari (italiano)
LA GUERRA CHE VERRÀ di Bertolt Brecht (tedesco)
DULCE ET DECORUM EST di Wilfred Owen (inglese)
CARTA D’IDENTITÀ di Mahmou Darwish (arabo)
DINASTIA poesie di Rami Saari da “Voce alla notte” (israeliano)
C’ERANO UOMINI di Maria Ruggeri (ebrea)


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