Opera Uno

Antonella Cristofani

Antonella CristofaniAntonella Cristofani, scrittrice, è laureata in Pedagogia con lode.
Ha prima insegnato e poi operato come addetta culturale presso il Comune di Roma. È stata una delle socie fondatrici dell’ANPE (Associazione Nazionale dei Pedagogisti italiani) ed è iscritta all’Albo Interno dei Pedagogisti.
Si è occupata di “Pedagogia della moda” e di “Pedagogia e biliardo” come strumento educativo e didattico mirato alla  verifica di alcune leggi fisiche. Le sue relazioni sono state pubblicate su testi e riviste specializzate.
Si è occupata inoltre di educazione alla lettura come alternativa alla TV, tentando come soluzione una letteratura ricreativa che però lasci anche pensare.

Si è classificata in vari premi letterari e in particolare i suoi racconti figurano in antologie e riviste letterarie.
Nell’ottobre 2001 ha pubblicato il suo primo libro di racconti “Uscita che fu di lì” e nel dicembre 2006 una seconda raccolta di racconti dal titolo “La figlia dell’oca bianca”.
Nel giugno 2010 ha pubblicato un romanzo autobiografico sotto un nom de plume.
Nel 2011 si è classificata al quarto posto al Premio Opera Uno con l’opera “Più tic e meno tabù: così si invecchia meglio” che è stata pubblicata in versione e-book.

Questa l’autopresentazione della scrittrice:

La mia invenzione narrativa inizia quasi sempre da una chiacchierata con una amica, o da una telefonata a volte un po’ noiosa dalla quale è consigliabile allontanarsi col pensiero per trasformarne i contenuti banali in un’intrigante trama surreale. Ed ecco che già con la cornetta stretta sulla spalla inizio a scrivere appunti concitati. È così che tanto parlare in superficie si trasforma in una invenzione realistica del non scelto, del non riferito, del tralasciato da parte della mia verbosa confidente. Ma, attenzione, là dove la vicenda sembra deviare esageratamente dall’ipotizzabile è invece autentica testimonianza dell’accaduto. La realtà è più inverosimile e assurda della fantasia. Per questo ho scritto solo racconti usando un registro buffo, fedele alla mia voglia di ridere. Però a volte non si può ridere, proprio non si può, ma per fortuna sono poche queste volte. Nasce così una scrittura ricreativa con grande apertura alla riflessione. Sono una pedagogista e la mia ricetta consiste nel leggere un racconto divertente prima di andare a dormire, come si faceva da bambini con le favole. Si riposa meglio e si vive meglio.

La mia voglia di scrivere nasce con me, ma si contiene nel segreto di nascondigli per sessant’anni perché temevo il giudizio di mio fratello, archeologo di chiara fama. Pubblicare un libro di “barzellette” con questo cognome? Giammai! Lui non ha mai saputo che ho sempre scritto. Purtroppo solo il lacerante strappo della sua morte mi ha dato poi il coraggio di farmi leggere. Ho espresso questo tema autobiografico nel racconto “Patto prenatale”. È l’autobiografia della mia voglia di scrivere liberata solo dopo un’amputazione, perché la morte di un gemello è per l’altro vissuta come tale. Tuttavia la chiave narrativa resta di taglio ironico coerentemente all’educazione alla lettura come alternativa alla TV che ho praticato. Così ho scritto rifuggendo dall’integralismo culturale per approdare nella levità del disimpegno, che è poi solo un altro impegno volto alla levigatezza della superficialità, quella che si stende delicatamente sulle dimensioni piccole, sulla tragedia quotidiana della frivolezza.

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